SCROLL DOWN (Ora Tutta l'Europa è in Frenata) /// Fondazione Maramotti

per un tempo indefinito





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Andare in un luogo per visitare una mostra implica sempre un viaggio, breve, se siamo in città, più lungo se veniamo da fuori. Questa Estate ho aperto casualmente Il libro dell'Iquietudine di Fernando Pessoa, dove lo scrittore portoghese scrive attraverso un suo eteronomo, Bernardo Soares:


“Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Passo di giorno in giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo o del mio destino, affacciato sulle strade e sulle piazze, sui gesti e sui volti sempre uguali e sempre diversi, come in fondo sono i paesaggi.
Se immagino, vedo. Che altro faccio se viaggio? Soltanto l’estrema debolezza dell’immaginazione giustifica che ci si debba muovere per sentire.
“Qualsiasi strada, questa stessa strada di Entepfuhl, ti porterà in capo al mondo.” Ma il capo del mondo, da quando il mondo si è consumato girandogli intorno, è lo stesso Entepfuhl da dove si è partiti. In realtà il capo del mondo, come il suo inizio, è il nostro concetto del mondo. E’ in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo come vedo gli altri. A che scopo viaggiare? A Madrid, a Berlino, in Persia, in Cina, al Polo; dove sarei se non dentro me stesso e nello stesso genere delle mie sensazioni?
La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.

Per la mostra "Scroll Down (Ora Tutta l'Europa è in Frenata)", presso la Fondazione Maramotti di Reggio Emilia, ho pensato ancora ad un viaggio da fermi. Come suggerisce il titolo, il movimento richiesto non è orizzontale, come per qualsiasi viaggio convenzionale, ma verticale; il titolo suggerisce di scorrere verso il basso la pagina web, direttamente dal luogo dove ci si trova. Vorrei che la mostra fosse nel "luogo dove ci si trova". Viviamo sempre di più ogni luogo (Palestina, Ucraina, Stati Uniti, Catania, ecc.) attraverso informazioni di immagini e di testo. In questo caso possiamo concentrarci sul "dove siamo". Non c'è nessun luogo da visitare. La mostra inizia e finisce in una dimensione privata, estendibile sempre ed ovunque. Tale dimensione rappresenta l'unico spazio politico ancora praticabile, come se il vero Parlamento fosse sempre intorno a ognuno di noi. 
Una sedia di design aereodinamica ferma, e una piccola borraccia di acqua per terra; e sopra la sedia il giornale del giorno. Frenare e fermarsi non significa essere fermi, proprio come lo scorrere da fermi la pagina verso il basso. Esattamente come sviluppo, innovazione e modernità, non significano necessariamente una crescita continua ad infinita, ormai economicamente non sostenibile.








neon, macchie, polvere, uno schermo, materiali vari
2014





























neon, macchie, polvere, uno schermo, vetro, metallo, materiali vari
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neon, macchie, polvere, uno schermo, materiali vari
2014






















ER: Per la tua mostra improvvisa alla Fondazione Maramotti, hai fornito solo il titolo dell'esposizione, senza specificare i titoli delle singole opere. Hai voluto porre l'attenzione su i materiali utilizzati. Tali materiali passano da una realtà credibile, all'immaginazione, al luogo in cui si trova lo spettatore. Cosa intendi quando scrivi "materiali vari"?

LR: Intendo un materiale che non conosciamo, o che non è importante conoscere. 

ER: In alcune opere fai "copia e incolla" con il neon normalmente presente negli spazi della Fondazione. Perchè questa scelta?

LR: Questa scelta ha diverse motivazioni. Mi interessa un ecologia dell'arte, e il "copia e incolla" esprime bene questa ecologia. Mi sembra ci sia la necessità di reagire ad una sovraproduzione di opere e progetti. Questo uso del neon mi sembra una scelta critica. Ma lavorare in questo modo mi ha anche divertito.

EV: Guardando la mostra e riflettendo, capisco che il tuo vero strumento di lavoro è il "mouse" del computer. Lavori di dito e di polso, come fossi un pittore. Ti ritrovi in questa analogia?

LR: Mi ritrovo, sicuramente lavoro come un pittore. Quando lavoro in questo modo mi sembra di sprofondare in una paralisi fisica; solo la mano e il polso si muovono per intervenire. 

EV: Parli spesso della necessità di coinvolgere un pubblico che consideri abbandonato e disinteressato. Credi che questa modalità espositiva e questo tipo di progetti possano aiutare?

LR: La mostra, comunemente intesa, non può essere un momento didattico. Non deve esserlo, mentre è un errore che si fa spesso. Pensiamo se un paziente che ha necessità della sala operatoria debba conoscere macchinari e pratiche della sala operatoria per poter essere operato. Il paziente morirebbe. Nell'arte c'è questa pretesa romantica e stupida che tutto debba essere immediatamente chiaro e coinvolgente, quando non avviene questo per nessun ambito e disciplina.

Anche solo rispetto 30-40 anni fà esistono molte forme e opportunità di intrattenimento, la mostra d'arte contemporanea non può porsi in questa competizione che spesso risulta persa in partenza. Linguaggio e progettualità devono rimanere ben distinti dal momento di education per pubblico. Su questo fronte sto collaborando ad un progetto inedito per l'education. 













































































neon, macchie, polvere, uno schermo, pittura traslucida sul pavimento, materiali vari
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neon, macchie, polvere, uno schermo, metallo, legno,  materiali vari
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neon, macchie, polvere, uno schermo, metallo, materiali vari
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