non dover più andare al museo







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Sénanque Abbey, 2014 Gordes (FR).






Quando potremo non dover andare in un dato luogo per vedere una mostra? In fondo vediamo o crediamo di vedere tante cose, leggendole su i giornali o avendone una conoscenza superficiale. Andiamo addirittura a votare per eleggere i nostri rappresentanti in Europa, quando la maggioranza delle persone non sa neanche cosa avvenga a Bruxelles. Non sa neanche cosa significhi stare in Europa, oltre all'avere in mano denaro che si chiama Euro invece che Lira. Per le mostre d'arte c'è invece la pretesa che si debbano vedere "dal vivo", come se questa "esperienza diretta" fornisca maggiore sicurezza sulla qualità delle cose che andiamo a vedere. Come se l'esperienza diretta dia garanzia di essere più aderente al vero. Einstein sosteneva che l'immaginazione ha un primato sulla conoscenza. Ma cosa significa conoscere? E soprattutto cosa cercano le persone entrando in uno spazio espositivo? Entrando in un Museo?

Molti potrebbero rispondere che cercano un'emozione, o uno stato di benessere generale, in cui il rito collettivo della mostra non ha un ruolo secondario. Quanto è più triste "guardare" una mostra da soli, semmai confinati nelle proprie case o in un brutto ufficio? Altri direbbero che vanno a vedere le mostre per "conoscere". Altri per conoscere persone e fare PR. Altri ancora direbbero che se l'artista ha creato un'opera che deve essere vista "dal vivo", bisogna necessariamente vedere quella mostra dal vivo, dando improvvisamente importanza al ruolo di artista, solitamente marginalizzato e  bistrattato; ed ancora, poco importa se l'artista ha permesso di fare delle foto e dei video, che poi vengono diffusi liberamente. Quelli sono solo trailer, la mostra va vista dal vivo, e che diamine.

A mio parere la fruizione mediata e indiretta di un'opera non è migliore o peggiore della sua esperienza diretta. Anche perchè tutto è esperienza diretta, anche se guardiamo su You Tube il video di una mostra. Anzi, se l'artista ha permesso foto e video, la mostra vive necessariamente su più livelli, come un bambino che prima è piccolo e poi cresce e vive in tanti modi nel mondo. Non c'è confusione su questo: se vedo la foto di una mostra, quella mostra vive anche attraverso quella foto, bisogna solo prenderne atto. Ma perchè trovo così importante questa riflessione su esperienza diretta ed indiretta?

Prima di tutto perchè ognuno di noi conosce il mondo in massima parte attraverso informazioni indirette, semmai comprovate da numerose altre informazioni e testimonianze. Quindi l'esperienza indiretta, in cui l'immaginazione ha un ruolo importante, gioca un ruolo fondamentale sulla nostra percezione del mondo. E quindi sulle scelte quotidiane che facciamo, e che ricadono su altre persone e così via

Se l'arte e la cultura contemporanea non avessero un ruolo concreto nella nostra vita quotidiana, che è l'unica vita che abbiamo, arte e cultura non servirebbero a niente, soprattutto oggi dove arte e cultura hanno invaso, con fortune alterne, ogni altro ambito e settore. Paradossalmente siamo rimasti con un tubetto di  dentifricio vuoto in mano, ma tracce di dentrifricio sono dappertutto. E la gente non sa da dove viene questo odore di mentolo. L'arte contemporanea, intesa anche come gestione dell'arte antica, rischia di diventare come un tubetto vuoto di dentifricio.



installation view on the facade museum

if you don't understand one thing search for it on you tube

black ceramic, various material, 2014 New Museum/New York. (for 10/9 project)




Gli artisti, anche internazionali, non hanno ancora chiara questa relazione tra esperienza diretta e indiretta e sul ruolo giocato dalla informazioni. Sono molto occupati a creare altri oggetti e manufatti. Come fossero condannati a diventare artigiani dell'arte contemporanea; e se andiamo ancora più a fondo, visto il ruolo preponderante delle pubbliche relazioni, gli artisti di oggi sembrano operai e burocrati delle pubblcihe relazioni; costoro vivono nella consapevolezza, più o meno inconscia, che è necessario produrre semplicemente un'opera standard, mediocre; scimmiottando gli altri e la moda. Saranno poi le pubblcihe relazioni a fare le differenze. Ma le differenze rispetto a chi? Esiste un pubblico vero, interessato ed appassionato di arte?

In Italia per mia esperienza sarei portato a rispondere di no. I dati dei Musei non sono molto attendibili, in quanto gli stessi musei vengono giudicati sugli stessi dati che emettono. Come se chiedessimo ad un gruppo di studenti di darsi un voto da soli. Per fare un altro esempio: i giornali pagano un organismo terzo per certificare in modo indipendente il numero di copie vendute, non si capisce perchè per i Musei questo dato viene lasciato agli stessi Musei. Forse la risposta è che non importa veramente a nessuno dei Musei. La cultura, come fosse il nostro dentifricio al mentolo, vive e cresce ovunque, con buona pace di tutti. Ma vive come fosse una mina vagante, e il rischio è quello di subirne maggiormente i lati negativi piuttosto che goderei di quelli positivi. Ecco quello che dovrebbe fare l'arte e il museo, diventare luoghi per ordinare e proteggere gli andamenti positivi delle cultura. Per continuare la metafora: ordinare e proteggere le tracce migliori di dentifricio. Io cerco questo in una mostra. Cerco opere che siano testimoni di modi, atteggiamenti, strategie, tattiche che possano avere un valore nella mia quotidianità, intesa anche come luogo di relazione con gli altri. Se questo poi mi trasmette "emozioni", o mi permette di conoscere nuove persone ben venga, ma non sono le finalità principali.



installation view


all where you are now II

various material, 2014 Galleria Massimo Minini/Brescia. (for 10/9 project)