Gagosian Gallery > LUCA ROSSI


SCROLL DOWN - SCORRI LA PAGINA 














































Order a pizza

outdoor photo printing, Gagosian Rome, 2019.





The content, the work of art, today has very little relevance, because each of us can create his idea of beauty, justice and truth. An idea destined to last a click. 

The pizza represents this standard idea, destined to be lost. The first pizza box arrived at Gagosian really looks like a stripped, evaporated Instagram post. And this is the result, after a few seconds: each post is submerged, suffocated and camouflaged. That pizza box represents this idea of fleeting beauty. 

The focus is rather on our ability to make choices, apparently of little relevance, but which today represent the only remaining political space. The traditional and conventional political space is now impractical. 

We live a bombardment of information that is able to support any political vision and its opposite. As if there were 7 billion newspapers expressing 7 billion truths. In this situation, within the uncritical bubbles of social networks, only two things can happen: radicalize one's vision or remain paralyzed in front of 7 billion possibilities. This without ever deepening but merely reading the titles of these 7 billion newspapers. Also because it would be impossible to read them all.

































on the left: 


If You Don’t Understand Something Search For It On YouTube

letters, Gagosian Rome 2019.



An installed art piece where you are now, above all. In our private dimension, preferably from PC. An art piece that represents, reflects and resists our time. Also in this case it is necessary to make a choice to access to many micro universes in daily growth. 

A precious exercise to train new eyes on the ordinary and the everyday. 

A work that solves and surpasses the work with which Arthur Jafa recently won the Golden Lion at the 2019 Venice Biennale. If Jafa's work is still stranded in postmodernism, this work refers, and resists, to altermodern phase that we are experiencing.





on the right: 


by left hand fingertips diijdaèasdodpsddùù

various material, Gagosian Rome 2019.



Fingertips are the thing most used by humans in recent years. 

Paradoxically, they are the same thing that was used to paint in caves. In this case the cave wall becomes the Apple's tactile mouse. Montionless spectator and motionless sculptures. And, at the same time, very fast because, always, in your own space and in your own time.








If You Don’t Understand Something Search For It On YouTube

acrylic painting 70x70 cm, Gagosian Rome 2019.









> CRITICISM, THE FIGHT, THE FUTURE: LUCA ROSSI 
 In the Italian contemporary art scene there is a figure of considerable interest. Luca Rossi–artist/ collective, critic, curator, and blogger–is a controversial personality who works in anonymity, as some kind of Anonymous of the Art System. In Luca Rossi’s philosophy, the ego no longer exists because anyone can be Luca Rossi, at the same time that the “critical process”, the virtual space of the Internet, and the real context no longer have boundaries and blend into one. Scroll down this page. 
Today individuals experience a sort of “non-experience” in the sense that they spend most of their time surfing the “network”, producing a “new memory-without memory” or a “passive and a-critical assimilation” into the system. Luca Rossi knows this well. He constantly reminds us of the history of art and ideas, of our past, of what it means to be critical and active, struggling to preserve one’s own authenticity and originality in the great McDonald that is our contemporary world.
Many curators and artists, both in Italy and Europe, have been following Luca’s work with great excitement. By now Luca is considered the only critical voice that “stands out” in the current Italian landscape.
It is worrisome that Luca’s work has yet to be recognized by institutions and organizations, despite receiving the acknowledgement of the public and many curators and artists. This says a lot about what the value that the Italian system places on the “real artist”. The Italian contemporary landscape has been dragging itself down for more than 10 years, producing artists who “copy and paste”, endless repetitions of projects signed by the same names, and decreeing the end of contemporary art.










MG: Ho visto il tuo ultimo progetto da Gagosian Roma. Cosa c'è di speciale in questo progetto, in queste 4 opere che hai presentato?

LR: Prima di tutto una sorta di ecologia dell'arte. Il progetto vive in uno stato potenziale. Non è necessaria la sua installazione secondo parametri convenzionali; è come se le opere siano installate nella dimensione privata del visitatore che può rimanere immobile dove si trova per vedere la mostra. Mi interessa il passaggio tra l'idea di monumento, inteso come installazione permanente e "costruito",  all'idea di "documento"come qualcosa di fluido e capace di adattarsi alla complessità del nostro presente.

MG: Spesso in questo passaggio hai fatto riferimento al popolo ebraico che, dovendo scappare dalla sua terra, è stato costretto a passare dall'idea di monumento, ovviamente non trasportabile, all'idea di documento come qualcosa di adattabile a qualsiasi condizione futura. Un passaggio culturale fondamentale per la cultura ebraica. 

LR: Oggi vediamo le mostre prima su internet, ancor prima di visitarle "dal vivo". Ma dobbiamo renderci conto che siamo "dal vivo" anche quando guardiamo il nostro cellulare. In altre parole l'opera d'arte oggi ha una natura complessa. Una fibrillazione tra esperienza diretta, esperienza mediata, oggetti e immaginazione. Basta vedere i numerosi video del Padiglione Lituano o il recente intervento di Banksy a Venezia che esiste veramente quando viene documentato da un video, e poi diffuso tramite un profilo social con milioni di followers. Il centro dell'opera è altrove. 

MG: Hai sicuramente intuito questo prima di tutti installando le opere direttamente nella loro documentazione, nello spazio privato dello spettatore. Si tratta di una cosa un po' folle se riferita al sistema dell'arte che, in ultima analisi, richiede degli oggetti e dei feticci da vendere. 

LR: Mi sono preso il lusso di definire un alfabeto senza la pressione di riempire un portfolio e fare l'ennesima mostra in galleria. Partendo da un blodo di critica d'arte, è stato subito chiaro come comandassero le informazioni. Un'aspetto fondamentale è stato il lavoro critico che ho sempre sviluppato come motore dei progetti. Il primo bersaglio di questa azione critica sono stato io stesso. 

MG: Recentemente hai scritto come il tuo progetto IMG (secondo e quarto intervento da Gagosian Roma) sia meglio del video di Arthur Jafa vincitore del Leone d'Oro alla Biennale di Venezia 2019. Puoi spiegarti meglio?

LR: Ho scritto questa cosa con l'emozione e l'ingenuità dello scienziato che fa una scoperta scientifica. Senza alcuna presunzione nei confronti di Jafa. Il suo video rappresenta l'ennesimo canto del cigno riferito all'epoca postmoderna. L'artista come un DJ che remixa contenuti e traccie per perseguire un suo desiderio tematico. 

Una post-produzione estrema di cui Nicolas Bourriaud parlava a fine anni '90. Oggi questa cosa non funziona più, perchè ognuno di noi produce e consuma contenuti. Quel video viene oggi evidenziato dalla cornice della Biennale che fa appena 500.000 visitatori e impallidisce nei confronti di milioni di visualizzazioni che può fare un video su YouTube o un servizio giornalistico sul tema del razzismo. Non è diverso da quello che faceva la trasmissione Blob venti anni fà in Italia. Tra l'altro questi 500.000 visitatori si soffermano solo pochi secondi davanti ogni opera. Questo video è destinato a perdersi e mimetizzarsi all'interno di milioni di contenuti di cui siamo tutti produttori e consumatori. 

Il secondo e il quarto intervento da Gagosian non presentano l'ennesimo contenuto ma una modalità per ordinare milioni di video in quotidiana crescita. Video sommersi che possiamo vedere in una playlist sempre diversa che diventa anticorpo rispetto l'algoritmo che ci costringe a nutrirci solo con cose che ci piacciono e uguali a noi stessi. Infatti questa playlist sarà ogni giorno diversa e completamente inaspettata.

MG: In questo caso sarà il visitatore che potrà divertirsi a saltare da un video all'altro. 

LR: Sì, davanti ad una produzione bulimica l'artista deve fare necessariamente un passo indietro. Se decidi di partecipare a questa sovraproduzione ci sono solo due vie, certa pittura e la post-verità. A parte ovviamente i valori dell'arte moderna e alcuni degli anni '90. 

MG: Ma non pensi che invece l'artista debba indicare una direzione, fare delle scelte di montaggio ben precise, come fa Jafa nel suo video?

LR: No, perchè non ha senso. E' come se tu mi dicessi che l'artista deve stampare il suo giornale quando là fuori 7 miliardi di persone stanno stampando il loro giornale. Non a caso colossi come Google, Facebook, Apple o Amazon,  sono completamente disinteressati al contenuto. Perchè non ha senso, per un'azienda, mettersi a competere con ognuno di noi, perderebbe sempre. 

Ma ammettiamo che un visitatore veda il video di Jafa alla Biennale e gli piaccia anche parecchio. Dopo pochi secondi sarà travolto da altre opere e poi altri contenuti suoi e di altri. Del video di Jafa rimarrà un lontano ricordo su qualcosa che parlava di razza in modo originale e brillante. E poi? 

MG: Nel tuo caso cosa rimane?

LR: Prima di tutto il mio caso non tollera la superficialità del visitatore. Il visitatore deve attivarsi, fermarsi, diversamente l'opera non è comprensibile. Ogni mattina l'opera può aprire a micro-universi diversi e completamente inaspettati. Spesso questi video ci spingono ad avere nuovi occhi, perchè documentato situazioni talmente ordinarie e banali da diventare straordinarie. Si tratta di opere estremamente immersive e generose che però richiedono un visitatore consapevole e attivo. 

MG: Adesso che ne parliamo vedo fino in fondo quanto le opere IMG siano straordinarie. 

LR: Ecco, questo mi interessa. Ci siamo confrontati in modo critico, e da questo confronto l'opera nasce e rinasce. Quello che manca sulla scena italiana e internazionale: il confronto critico. Massimiliano Tonelli sostiene come l'arte contemporanea sia di nicchia e difficile, e debba rimanere tale. A mio parere la sua è solo una versione d'ufficio che deve difendere una categoria spesso indifendibile. D'altronde lui ci lavoro nel mondo dell'arte. 

MG: E le pizze? Nel 2009 avevi modificato un comunicato stampa e avevi fatto mandare le pizze presso la Galleria Massimo De Carlo. La sola modifica del comunicato stampa, delle informazioni, portavano da De Carlo un progetto completamente diverso da quello originale della galleria. 

LR: Le pizze sono esattamente quei contenuti standard, sono i video delle opere IMG, se vogliamo. Anche in questo caso il cartellone fuori dalla galleria Gagosian ha una sua autonomia e richiede al visitatore una piccola grande scelta. 

MG: Torna spesso questa necessità del visitatore di attivarsi. Non fa un po' troppo Beuys? O arte interattiva? O arte relazionale che nasce solo con la relazione tra opera, artista e spettatore?

LR: In questo caso dalla dimensione del documento le pizze vanno ad agire sul monumento, ossia sulla Galleria Gagosian come luogo fisico. Sono esse stesse materiali, ma partono da una semplice informazione (Ordina una pizza ecc. ecc.). E poi da materiali sono destinate a sparire nuovamente. Mi interessa questa natura variegata dell'opera d'arte, l'aspetto interattivo-relazionale è solo un ingrediente che è un mezzo e non un fine. E poi torna questo concetto della scelta nella nostra dimensione privata, unico spazio politico rimasto. 

MG: Passiamo alla scultura con i polpastrelli. Tu dici, giustamente, che i polpastrelli sono la cosa più usata negli ultimi 10 anni dagli esseri umani. Perchè non farci una scultura?

LR: Infatti, ma sono anche il primo gesto del bambino e dell'uomo primitivo sulle pareti della caverna. Mi piace pensare al mouse tattile di Apple come membrana e parete del nostro spazio privato.

MG: Tu dici che queste sculture rosse sono "velocissime" e sono come buchi neri che hanno risucchiato tutto il processo che va dall'accensione delle luci nello studio dell'artista, fino all'ultimo visitatore che esce dal museo. 

LR: Sì, opera e spettatore sono sempre nello stesso luogo e nello stesso tempo. Sembra una banalità ma in quell'istante è proprio così, e non avviene per nessun'altra opera che può essere fotografata. Si può vedere solo nella sua documentazione. L'opera si protegge dalle condivisioni su i social network. Anche in questo caso c'è una forma di resistenza e ancora di ecologia, in quanto le risorse impiegate per realizzarla sono prossime allo zero. 


....IN PROGRESS....