Scolpire con i polpastrelli








































By left hand fingertips

various material, GAMeC, 2014.




“Invece che subirla o resistervi per inerzia, il capitalismo globale sembra aver fatto propri i flussi, la velocità, il nomadismo? Allora dobbiamo essere ancora più mobili. Non farci costringere, obbligare, e forzare a salutare la stagnazione come un ideale. L’immaginario mondiale è dominato dalla flessibilità? Inventiamo per essa nuovi significati, inoculiamo la lunga durata e l’estrema lentezza al cuore della velocità piuttosto che opporle posture rigide e nostalgiche. La forza di questo stile di pensiero emergente risiede in protocolli di messa in cammino: si tratta di elaborare un pensiero nomade che si organizzi in termini di circuiti e sperimentazioni, e non di installazione permanente, perennizzazione, costruito. Alla precarizzazione dell’esperienza opponiamo un pensiero risolutamente precario che si inserisca e si inoculi nelle stesse reti che ci soffocano.”
Nicolas Bourriaud  Da “Il Radicante”






I polpastrelli sono estremamente usati negli ultimi anni. Rappresentano allo stesso tempo la connessione e la disconnessione dal mondo, da quello che chiamiamo "reale". Con i polpastrelli delle dita possiamo sentire le cose, ma anche navigare con smartphone e computer. Allo stesso tempo sono gli strumenti delle prime manifestazioni artistiche dell'umanità; oggi, sul mouse tattile di Apple, sembrano percorrere e sentire la "nostra caverna", la membrana della nostra dimensione privata.

Le grandi sculture che vedete sono proprio installate in questo spazio privato, che oggi è anche l'unico spazio politico rimasto. Infatti gli stati moderni, negli ultimi anni, possono adottare solo politiche di galleggiamento, mentre la decisone che prendiamo nella nostra dimensione privata vale 10 o 20 volte quella di un Capo di Stato. 

Questa consapevolezza è fastidiosa per l'uomo moderno che preferisce delegare e incolpare altri riguardo le questione politiche, sociali ed economiche. In realtà le possibilità di manovra per lo stato moderno sono minime e tecnicamente incapaci di realizzare quel cambiamento che possiamo desiderare. 

Allo stesso tempo chiunque conosce la storia sa che viviamo la migliore epoca dell'umanità come tassi globali di libertà, benessere e democrazia. Certo non il migliore mondo possibile ma il migliore mondo mai esistito; 30,40, 100 e più anni fa si stava peggio al mondo.

L'opera esiste in quell'istante "privato" in cui vediamo queste sculture. Solo in quell'istante.  Nel silenzio del nostro privato, ovunque ci troviamo. 

L'idea di poter scolpire con i polpastrelli è affascinante ed eroica; continua e rinnova una tradizione che, dall'antichità, arriva ai giorni nostri. Attraverso il mouse tattile di Apple i polpastrelli, in una pratica arcaica, riescono a fermare qualcosa di profondamente contemporaneo. 

Sculture enormi, immobili.

Ma allo stesso tempo velocissime perchè sempre nello stesso tempo e nello stesso spazio dello spettatore. Del visitatore che incontra l'opera nello stesso spazio privato in cui l'autore l'ha realizzata. Come se il museo, come rito collettivo e pubblico, fosse stato bypassato. In fondo lo spazio più stimolante dove installare é proprio il privato. 

Opere come "buchi neri" che sembrano risucchiare tutto il processo che va dall'accensione delle luci nello studio dell'artista (lo spazio privato dell'autore") fino all'ultimo spettatore che esce dal museo (lo spazio privato del visitatore).  Una coincidenza di luoghi e di ruoli che rappresenta una nuova definizione di "artista" e "spettatore", e quindi di "opera" e "museo". Un ruolo ibrido, un luogo che è nei nostri occhi, e una natura dell'opera che vive una fibrillazione tra oggetto, esperienza diretta, immaginazione ed esperienza mediata.

Opera, autore e spettatore sono immobili ma velocissimi allo stesso tempo. Ecco la mobilità di cui parla Bourriaud. Inoltre queste opere ci spingono verso una diversa definizione di "velocità". Una velocità, che è velocissima e allo stesso tempo immobile. Come quella sensazione che abbiamo quando vediamo sul nostro smartphone milioni di cose che accadono nel mondo, ma, dopo poco tempo, ci accorgiamo di implodere nella nostra immobilità.

"Circuiti e sperimentazioni, e non di installazione permanente, perennizzazione, costruito. Alla precarizzazione dell’esperienza opponiamo un pensiero risolutamente precario che si inserisca e si inoculi nelle stesse reti che ci soffocano." Cosa c'è di più precario di queste sculture? Non sono vendibili nelle fiere, o ai musei; sembrano degli errori, dei giochi di un bambino, una tecnologia digitale che appare già primitiva nella suo essere sfacciatamente elementare. 

Ma queste opere si inoculano effettivamente nelle maglie rigide, nostalgiche e spesso anacronistiche del sistema dell'arte; ma anche in un sistema di comunicazione, ben più ampio, dove i concetti di "esperienza", "verità", "reale", "bellezza" e "valore", sono profondamente messi in discussione. 


Queste opere sono "fake news", ma allo stesso tempo non lo sono. Perchè sono talmente frontali e dirette che non possono mentire. 


Rappresentano un'ecologia dell'arte dove le risorse impiegate sono prossime allo zero. Davanti all'iper produzione di contenuti e opere, l'artista comunemente inteso deve porsi un interrogativo. 

L'opera che vedete qui sotto è stata realizzata nel 2017 nello spazio che la Tate Modern di Londra ha dedicato all'arte in azione (art in action). 

In questo caso il titolo nasce dal battere casualmente, con i polpastrelli, sulla tastiera del computer. E poi il titolo dichiara: "realizzato con i polpastrelli della mano sinistra", quasi a voler evidenziare maggiormente lo scolpire con i soli polpastrelli. 

L'opera ci costringe ad un istante di pausa. Appare quasi pachidermica e infonde il dubbio se la scultura si riferisca ad un dentro o a un fuori. Un pieno che potrebbe anche essere un sovraccarico di opere sovrapposte; un pieno esausto, ma fermo e definito nella sua essenza. 

Se scorrete la pagina troverete interventi alla Biennale di Venezia (2015), Boros Collection di Berlino (2015), al Quirinale di Roma (2018), alla Serpentine Gallery (2015), Fondazione Prada (2016), New Museum (2015), Galleria T293 (2017), Scozia (2018) e in fine, il primo di questi interventi, alla Gagosian Gallery di New York (2009). 











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various material, The Tanks (Tate Modern), 2017.