Dialogo con Piera Cristiani







Piera Cristiani
 è una giovane blogger italiana che si occupa di arte contemporanea. Ecco il suo blog: 
http://campiture.com/

Piera Cristiani dopo un po' di frequentazione in alcune riviste nel settore dell'arte, nel marzo 2012 decide di aprire il blog "CAMpiTURE - parole piene di arte". Ogni tanto partorisce progetti indipendenti come MINI curatrice. Un blog di arte contemporanea è un'ottima scusa per viaggiare.



Piera Cristiani: Luca Rossi, prima domanda a cui puoi non rispondere: ogni tre per due scoppiano polemiche sulla tua misteriosa identità. Io mi sono fatta l’idea che sia un modo morboso di dare una forma superficiale a dei fenomeni, passami il termine, che non sono codificabili e, soprattutto, non sposano la politica del chi c’era alle inaugurazioni. Cosa ne pensi?

Luca Rossi: Hai ragione. Se vivi un vuoto devi riempirlo in qualche modo, anche con il gossip. Io vedo questo come una seleziona all’entrata, chi pensa morbosamente al gossip non è un interlocutore attendibile. 

La mia identità non è anonima. L’anonimato è una malinconia di internet da inizio 2000. Ossia, se ne valesse la pena posso andare casa per casa per conoscere tutti di persona. Ma non ne vedo il motivo. La prova di questo è che non ho mai fatto o detto cose che necessitino di nascondersi. Chi vede un problema identitario vuole una scusa per guardare il dito e non guardare la Luna. E va bene così, è un modo per selezionare persone attendibili, curiose e sincere. Per molti addetti ai lavori, guardare la luna fa paura. Soprattutto i giovani (artisti, curatori e giornalisti) sono terrorizzati. Il mio lavoro in questi 5 anni ha dato molto fastidio. Ha generato riflessioni private molto forti. Un po’ come Fantozzi che negli anni 70 ha psicanalizzato una generazione di ragionieri che assomigliavano veramente a Fantozzi. 

PC: Spesso i tuoi articoli e le tue operazioni sono un’aspra critica a quello che viene definito il sistema dell’arte, la sua omologazione, la sua autoreferenzialità. Succede che chi tenta di fare delle analisi analoghe spesso venga tacciato di invidia, non so bene di cosa, o di frustrazione. Credi che sia un problema italiano o estendibile ad altri contesti?

LR: In Italia quando sollevi una critica si pensa subito a doppi fini, ad un ritorno personale, ad invidia e frustrazione. Altri, coloro che si sentono Fantozzi, hanno paura che questa critica ti faccia avanzare di livello e quindi ti criticano ancora di più. Tutto gioca per mantenere una mediocrità generale e un compiacimento generale. 

Come per il problema identitario sono espedienti stupidi per non ascoltare. Se leggi i miei articoli e i miei commenti non troverai mai offese, ma qualcosa di ben più difficile da gestire: una critica, che cerca di argomentare e che, nel bene e nel male, va affrontata. Questo per molti addetti ai lavori è inaccettabile. Tanto che recentemente sono stato bloccato su i commenti di Artribune. E sono i giovani a fare queste scelte di censura. Perchè i giovani oggi sono deboli e terrorizzati. Spesso precari o mantenuti in ostaggio dalla Nonni Genitori Foundation. Sono un segno e una cartina tornasole di questi tempi. 

PC: Le istituzioni italiane versano in uno stato di profondo torpore e, salvo alcuni casi isolati, si rivelano banali, assenti, prive di ricerca. Credi che ci sia più interesse artistico (oltre ovviamente a quello economico) negli spazi privati o da parte dei collezionisti? Penso all’Hangar Bicocca, alla Collezione Maramotti, alla Fondazione Cini, alla Fondazione Sandretto per parlare di alcune realtà molto note ora.

LR: Quella che definiamo “arte contemporanea” vive una grande crisi linguistica che non è solo italiana. Non parlo del mercato di alto livello (che comunque tende a rifugiarsi sul passato), ma di un linguaggio che fatica a relazionarsi alla contemporaneità e al presente. Musei, gallerie e fondazioni, spesso sono luoghi per difendersi ed isolarsi dal presente. Sicuramente le realtà private hanno un pizzico in più di vitalità e freschezza. Ma provengo dalla visita dell’Hangar Bicocca e la mia critica non è certo positiva. Ma su questo si saprà di più il 31 maggio (potete leggere qui la recensione: VI-HAGRA Bicocca)

In questi anni mi sono accorto che molti addetti ai lavori vogliono tenere lontano un pubblico vero, interessato ed adulto, perchè lo temono. In quanto un pubblico vero e adulto fornirebbe anche un giudizio vero ed adulto sull’operato di musei, gallerie e istituzioni. Meglio continuare a dire che l’arte contemporanea è di nicchia, ma è importantissima e fondamentalissima. Ovviamente, queste cose vengono dette solo a platee di addetti ai lavori. Questa è una cosa assurda. Su Exibart c’è un video dove Ludovico Pratesi, durante uno dei tanti talk, rosso in viso, si lamenta che la politica è indifferente all’arte contemporanea, e in platea c’erano solo addetti ai lavori che annuivano. 

PC: Spesso nelle tue analisi parli di Massimiliano Gioni. Mi sembra di capire che il tuo interesse per questo curatore-star sia nella posizione emblematica che, correggimi se sbaglio, ricoprirebbe all’interno di un impianto fortemente improntato sull’interesse economico celato dietro a un pseudo interesse artistico. Cosa mi dici al riguardo?

LR: No, non mi interessa l’azione economica dietro l’interesse artistico. Penso che questa sia una dinamica che ormai interessa ogni ambito e non c’è nulla di male, basta saperlo. E poi non credo che Gioni agisca troppo smaccatamente in questo senso, mi sembra che faccia scelte artistiche sincere. Parlo spesso di Gioni perchè credo, forse ingenuamente, che lui condivida molte letture che ho fatto in questi anni, ma che per un motivo politico preferisca rimanere nell’ombra. Anche se spesso dialoghiamo privatamente. Inoltre credo che Gioni abbia fatto un bel lavoro con la Fondazione Trussardi. Gioni incarna un ruolo significativo oggi, una sorta di curatore-artista, una sorta di regista chiamato a gestire e rendere interessanti Biennali e Musei. In questo senso il centro dell’opera d’arte si è spostato, ma avendo solo artisti che sembrano sfumature per il dipinto curatoriale e avendo curatori che non sono propriamente artisti,il risultato finale, se ci pensi, è un grande vuoto, mascherato da una sovraproduzione di opere e progetti. 

PC: La scelta di coerenza che il tuo blog ha adottato implica che tu non abbia alcun riscontro economico diretto, attraverso pubblicità, banner e articoli retribuiti come fanno altri blogger, o almeno credo di aver capito questo. Questo blog è in realtà un mezzo per avere altri riscontri professionali o ti occupi poi di altro?

LR: Il blog è un’attività parallela, amatoriale, non professionista, ma estremamente professionale. Ho sempre sviluppato il mio lavoro senza programmi e obbiettivi specifici. Il lavoro critico, che spesso è una sorta di blocco d’appunti anche per una forma di autocritica, ha sviluppato lentamente un linguaggio progettuale. Ma sono 5 anni che lavoro quotidianamente e gratuitamente. In questo modo rimango realmente libero e indipendente. Puoi amare o odiare il mio lavoro, ma sicuramente è un lavoro sincero e autentico. Quello che trovo più preoccupante è l’anonimato della critica italiana (da anni ormai) e un pubblico abbandonato e disinteressato. Sarebbe bello fare una ricerca su quanti italiani seguono l’arte contemporanea, senza essere addetti ai lavori, collezionisti, loro amici e persone che provengono dall’indotto dell’arte (design, moda, architettura, cinema). Ma nessuno ha interessa nel fare questa ricerca, meglio tacere. Sono stato recentemente all’Hangar Bicocca che dice di fare 400.000 mila visitatori in non so quanto tempo: sono entrato e nessuno mi ha dato un biglietto, se non sbagliavo strada nessuno si sarebbe accorto del mio arrivo. Non so come possa essere attendibile la loro dichiarazione, e questo vale per tutti i musei italiani. Unico caso in cui lo stesso controllato emette i numeri su cui deve essere controllato e giudicato. Assurdo.