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Italian Area
installazione permanente al Mart di Rovereto (polvere, colla) + ricognizione sull'arte italiana pubblicata attraverso 4 testi critici pubblicati su Artribune nel 2014. 
Mart, Rovereto.
2014


L'assenza dell'arte italiana in Italia, ma siamo sicuri che sia un problema solo italiano? 

Se prendiamo la programmazione di una delle principali istituzioni private per l'arte contemporanea, come Hangar Bicocca, ci accorgiamo che sono del tutto assenti artisti italiani. Se guardiamo le programmazioni future dei principali musei italiani, il risultato non cambia e troviamo solo piccole comparsate di italiani. Per dire il vero all'Hangar Bicocca un italiano ci sarà, e sarà Lucio Fontana. Quindi non solo la scena internazionale sembra ignorare l'arte italiana, vista l'ultima Biennale di Venezia, ma anche il sistema dell'arte italiano ignora gli stessi artisti italiani. Non è una questione di nazionalismo anacronistico, ma un problema c'è. In Italia abbiamo un problema formativo degli artisti, soprattutto un problema di "status sociale basso" e una totale mancanza di riconoscimento del ruolo di artista.  Accademie, scuole d'arte, IUAV, Brera hanno non poche responsabilità in questo. Ed è normale che per nascondere queste inefficenze gli stessi professori di queste scuole vadano poi a sostenere ad oltranza gli studenti usciti da queste scuole, senza che il loro lavoro giustifichi questo sostegno. Abbiamo visto l'esempio dei garuttini ma più recentemente, e devo dire debolmente, coloro che sono transitati da IUAV. 
Durante l'estate 2014 presentai una ricognizione su tutti quegli artisti italiani emersi a partire dagli anni 90, un lavoro gratuito e molto lungo. Nessun critico o curatore italiano cercò di contro argomentare quella mia lettura critica che, a dire il vero, presentava una quadro qualitativo insufficiente per l'arte italiana . Purtroppo devo constatare che la mia ricognizione trova conferma nelle scelte dei musei pubblici e privati italiani. Nessuno ebbe voglia di contraddire pubblicamente la mia critica agli artisti italiani, ma molti si scandalizzarono in privato. Io credo che non solo l'arte italiana propone nel migliore dei casi solo proposte omologate alla scena internazionale, ma che in Italia alla critica e al pubblico non importi proprio nulla degli artisti contemporanei italiani. Il dibattito inferve solo quando vediamo le nomine dei direttori dei musei, semmai ancor prima che inizino a lavorare. Forse c'è una visione accessoria e decorativa dell'arte e un'attrazione sintomatica e morbosa per il potere. 
Ma gli artisti stranieri sono davvero migliori? Se guardiamo gli artisti emersi dopo il 2001, la risposta è no. Artisti acclamati come Danh Vo o Micheal E. Smith, che potremo definire mid-career, non presentano percorsi particolarmente brillanti, se non ci fosse un sistema critico e di mercato intorno a loro che li sostiene ad oltranza. 
Per questo l'Italia presenta uno scenario sintomatico e particolarmente significativo: in qualche modo succede quello che dovrebbe succedere ovunque. Ossia, un certo ruolo di artista parte già di per sé con le gambe tagliate. Le scuole d'arte e gli artisti stessi devono immaginare nuovi percorsi virtuosi e nuovi protocolli di messa in cammino. Forse non si tratta di innovare e cercare il nuovo, ma di essere consapevoli e di agire di conseguenza.