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Intervista a Luca Rossi in occasione della mostra presso la Serpentine Gallery di Londra


MG: In questi sei anni il tuo lavoro ha assecondato la tendenza di vedere le mostre attraverso le foto di documentazione. Se vogliamo, il contrario di Tino Sehgal che accetta per le sue opere solo l'esperienza diretta.Nel tuo lavoro mi ha sempre colpito il fatto di eliminare la mostra come rito collettivo da tenersi in un determinato luogo. Molti amici curatori non possono accettare questo, come se il contenuto di ogni opera fosse il rito collettivo e mondano della mostra. 

LR: Mi rendo conto che questa scelta sia spiazzante. Per vedere la mostra puoi stare dove ti trovi, semmai solo. Pensandoci bene, il mio lavoro riguarda molto la solitudine, prima ancora di una riflessione tra esperienza diretta ed esperienza mediata. 

MG: Elimini anche qualcosa da vendere, cosa ancora più inaccettabile per il mercato e il sistema dell'arte. 

LR: Alcuni progetti comprendono "oggetti" che però potrei definire marginali. Per esorcizzare questa cosa ho ideato MyDuchamp. Come se un bambino giocasse con i codici dell'arte moderna che nel mercato vanno per la maggiore. Autentica "ikea evoluta consapevole". 

MG: Mi ha colpito moltissimo la tua scultura fatta con i polpastrelli delle dita all'interno della Sepentine Gallery di Londra. Mi sembra ci sia una leggerezza che contrasta con il risultato. In fondo, di cosa abbiamo bisogno? Il messaggio più bello è che quella scultura è sempre con noi. Non c'è bisogno di costosi trasporti e assicurazioni: non c'è bisogno di possederla. Nelle relazioni affettive pensiamo di possedere l'altra persona. Abbiamo perso il concetto di amore come "vita", in favore di amore come "possesso". 

LR: Vorrei fosse chiaro che questa "poesia" è profondamente "politica". Siamo convinti che esista una dimensione macro e una dimensione micro dell'esistenza. Con il risultato che la dimensione macro viene abbandonata, ma ci si continua a lamentare. Ecco, esiste solo una dimensione micro ed effetti che potremo chiamare macro. Quella scultura agisce in quella dimensione, e se lo iniziamo a vivere e pensare le cose macro cambieranno in meglio. Se non capita significa che non lo vogliamo. 

MG: L'installazione sulla vela delle Serpentine ci porta ad una selezione video del tutto unica e particolare. Potrei dire laterale. Ancora una volta siamo invitati ad un percorso privato, libero ma con un criterio allo stesso tempo. 

LR: Viviamo una sovrapproduzione continua di contenuti dove siamo tutti consumatori e produttori. Il punto non è più produrre, anche l'ennesima "opera d'arte", quando riuscire a fare le differenze tra le cose prodotte e che produciamo. Mi piace che anche questo progetto alla Serpentine conservi tutte le anime del blog, oltre a quella progettuale: critica e divulgazione. Ogni scelta presuppone l'aver scartato altre scelte. 

MG: Quindi il messaggio è: non abbiamo bisogno di altre opere d'arte e di altri artisti? Curatori, direttori di musei saranno contenti...

LR: No, quello non è il messaggio. Primo, oggi più di ieri tutti sono artisti. Il punto è stimolare una sensibilità per fare le differenze tra le cose che incontriamo nel museo, ma soprattutto fuori dal museo. L'arte contemporanea è solo una palestra-laboratorio dove sperimentare e allenare questa sensibilità.