PRE-FORUM








PARTE I / Forum per l’Arte Contemporanea di Prato. Le riflessioni di Luca Rossi.

Premessa:
Come conseguenza delle riflessioni che leggerete ho pensato ad un programma concreto e fattivo per contribuire a risollevare il sistema dell'arte italiano. Presenterò questo programma durante il Forum per l'Arte Contemporanea organizzato dal Museo Luigi Pecci di Prato per fine settembre. Questa riflessione a tutto campo non vuole imporre un punto di vista ma stimolare un confronto. Ma soprattutto dare conto di come queste stesse riflessioni mi portarono ad aprire nell’aprile 2009 il Blog Whitehouse.

Riflessione tema per tema relativo al Forum:

Ripensare il senso delle residenze

Tema della prima ora del Blog Whitehouse. Le residenze sono spesso una sorta di grande fratello fine a se stesso. Ragazze e ragazzi giovani e con le stesse passioni messi a fare arte nel medesimo luogo per per 15 giorni e più. Ho detto tutto. Difficilmente si creano opportunità continuative e robuste per il periodo dopo residenza. Ripensare alle residenze rientra nelle necessità di ripensare l'approccio formativo.



Formazione di critici e curatori

Difficile formare critici per una platea assente. I potenziali critici e spesso gli artisti tendono a diventare curatori con uno strano strabismo: con un occhio guardano la scena internazionale e con l'altro gli artisti, ma in senso strumentale o competitivo. "Strumentale" perché gli artisti sono spesso la sfumature sulla tavolozza del curatore-autore, e "competitivo" perché sono i curatori ad intercettare la committenza mentre le file di artisti in cerca di lavoro sono gonfie e con artisti del tutto similari e intercambiabili. Possiamo immaginare la debolezza del "ruolo di artista", come un “operaio non specializzato”. Gli artisti vengono selezionati passivamente con un confronto critico minimo e mai manifesto. Si sceglie quello che “ci piace” mentre bisognerebbe argomentare quello che ci piace e quello che non ci piace. Vorrei chiedere a Massimiliano Gioni di fare una mostra con gli artisti che gli piacciono e una mostra con quelli che non gli piacciono. Dovrebbe finalmente invitare Pino Boresta.


Dopo l'accademia: uno spazio da costruire

Altro problema della prima ora del Blog Whitehouse. Accademie e scuole d'arte in italia preparano eserciti di disoccupati, costretti a rivolgersi verso altri settori o rimanere mantenuti dalla "Nonni Genitori Foundation", vero ammortizzatore sociale della scena artistica italiana. La risposta non è chiudere le accademie e le scuole d'arte, ma riformare i programmi delle scuole (ponendoli in confronto con il presente, un artista potrebbe essere un ottimo imprenditore o una medico strabiliante) e parallelamente rivedere la formazione e la divulgazione per il pubblico. Un pubblico vero, interessato ed appassionato sarebbe anche lo stimolo per le scuole. Il problema è politico, ma senza un pubblico vero la politica è disinteressata al contemporaneo e fa scelte di convenienza in base agli interessi del momento.


Accademie straniere tra modello e integrazione

Esiste una crisi del linguaggio dell'arte che tende a diventare "ikea evoluta", dispositivo pretenzioso, gingillo per ricchi o piccolo baluardo per un impegno sociale e politico (che rende solo un po' più lunga la strada verso l'ikea evoluta). Ma chiaramente all'estero dando un ruolo più importante all'arte contemporanea (per diverse ragioni) esiste più denaro per sostenere le carriere artistiche e anche maggiori riconoscimenti politici. Ma questa non è certo una scusa buona per lo stato in cui verte il sistema dell'arte italiano. Paolo Zani dice che forse l'arte italiana non è così debole, e forse si tratta di un fatto "politico"...secondo me è debole, come sono deboli anche molti artisti stranieri. L'arte contemporanea vive una crisi che necessità una ridefinizione dei suoi ruoli e dei suoi format.

Troppi musei?

In italia il museo, quando non è fondazione, è usato come una sorta di insegna luminosa che deve dimostrare ostinatamente la modernità della città, provincia o regione che lo ospita. Poco importa se fa pochi ingressi, poi chi verifica veramente? Il direttore? Ma alla politica non serve far passare da 100 a 300 gli ingressi (cosa che non sposterebbe nulla), quanto avere questo baluardo, questa cattedrale nel deserto, questa mega insegna che dimostra che quel territorio è moderno e che avrà anche tanti problemi, ma è moderno e al passo con i tempi. Infatti c'è il Gnam, Tam, Mambo, Tango, Gango ecc. ecc., il museo di arte moderna e contemporanea. Il museo in Italia deve riscoprire un nuova consapevolezza verso il territorio e verso il pubblico. Diversamente rimarrà solo un'insegna o un cartellone pubblicitario volto a pubblicizzare la modernità dei suoi promotori.


Verso nuovi centri di produzione e sperimentazione

Dove? Forse in alcune città straniere. In Italia non riusciamo proprio ad uscire dai binari che ci fanno sentire di appartenere ad un rassicurante mainstream internazionale. Spesso le nostre giovani gallerie cool, sono piccoli rivenditori di artisti stranieri. Peccato perché senza istituzioni strutturate e forti si potrebbe giocare da "late comers" e sperimentare veramente rispetto realtà straniere che sono più forti ma anche più rigide e strutturate.


Centralità della didattica

Sicuramente, didattica e formazione per gli artisti, per il pubblico e per i curatori. Ma quali maestri? Prima di parlare di didattica bisognerebbe parlare di didattica per chi dovrà fare didattica. Quando penso alla didattica non penso a percorsi educativi, semmai dentro a musei che così diventano veramente simili a certe scuole serali. Penso alla capacità di creare uno spazio di opportunità, dove certo mettere anche nozioni, ma dove interessare e appassionare. Il Blog Whitehouse dal 2010 propone un "corso pratico di arte contemporanea" che si tiene nei pub. Ma questa è solo una gocciolina nel mare. In Italia fino ad oggi la didattica ha interessato bambini e adolescenti, con percorsi che andavano dall'action painting in libertà ad un nozionismo didattico molto noioso e fine a se stesso. Spesso la didattica diventa il luogo dove portare i bambini quando i genitori vogliono tornare a fare aperitivo con gli amici dell'università. Ed ecco che il museo viene apprezzato ancora di più da un pubblico che lo accetta passivamente. Poi mi chiedo: il museo di arte contemporanea oggi in italia vuol un pubblico numeroso ed attivo o preferisce un pubblico medio-basso e passivo? Bisogna pensare che un pubblico attivo può anche criticare e creare problemi alla gestione di un museo. I direttori devono avere il coraggio di ricercare ed evidenziari i valori del contemporaneo.

Istituzioni coraggiose

Cosa serve all’istituzione pubblica per essere effettivamente coraggiosa, non conformista o omologante? Parte della questione sembra provenire dallo stesso ruolo che alle istituzioni è richiesto, quello cioè di “raccoglitore” del più vasto pubblico, che rischia di sacrificarne l’anima più avanguardista in favore di una banalizzazione dei contenuti. È possibile slegarsi da rapporti di potere e dipendenza che spesso si creano sia con le amministrazioni pubbliche che con il mercato, per favorire lo sviluppo di luoghi di conoscenza autonomi e radicali?

Effettivamente il museo di arte contemporanea italiano pur sapendo di non dover portare chissà quale pubblico al museo, tende a proporre progetti annacquati e poco coraggiosi. Si guarda al grande pubblico, e quindi all'intrattenimento ma senza proposte che possano realmente competere con le proposte di intrattenimento più coinvolgenti e forti. Esempio: il Mambo di Bologna, qualche tempo fà, propose una lunghissima e prevedibile mostra fotografica su Federico Fellini. Molto più efficace vedere il film Amarcord in Piazza Maggiore a Bologna. Quindi per andare incontro al pubblico si propongo progetti appetibili per il grande pubblico, ma che rimangono fortemente inferiori ad altre manifestazioni culturali di intrattenimento. Per tanto bisogna ripensare i format. Quando invece il museo vuole sintonizzarsi sulle migliori proposte internazionali, rischia di proporre “mostre nel deserto”, contribuendo a non essere capito dal pubblico e ad allontanare il pubblico stesso. Quindi torna fondamentale ripensare alla didattica, non in senso educativo, ma come una mediazione culturale che possa far apprezzare la novità.


Percorsi e modelli formativi per gli artisti

Già detto, riformare le accademie e porle in relazione al dopo-accademia, alla realtà. Cercando semmai di capire quali siano oggi le urgenze, le motivazioni e le ragioni dell'arte. Dopo questa riflessione, sarà naturale pensare a percorsi e modelli formativi per gli artisti. Non prima di aver creato un pubblico (e quindi un seguito politico). La polita dovrebbe giocare un ruolo importante ma deve vedere e riconoscere la migliore arte contemporanea, cosa che adesso non sta facendo. L'arte contemporanea non può diventare il calcio, ma deve essere capace di interessare una minima fetta di pubblico. E non essere semplicemente, come avviene oggi, lo strumento per fare pubblicità commerciale o politica all'istituzione pubblica o privata di turno. In italia oggi l'arte contemporanea ha un pubblico formato solo da addetti ai lavori e pochi curiosi, spesso tenuti volutamente in uno stato di soggezione. Negli ultimi mesi qualcosa si sta muovendo, ed ecco emergere i cosiddetti "mediatori culturali", che io chiamo divulgatori. Ma anche qui si pone il problema di "come" e di "chi" deve formare questi mediatori.


Storia dell'arte nelle scuole: la grande assente

Anche a questo proposito il problema è fortemente politico, serve la volontà politica che, senza un pubblico interessato al contemporaneo, non ci potrà mai essere.  C'è poco da aggiungere. Ed invece l'arte può veramente diventare una palestra e un laboratorio per imparare a “vedere” la realtà che ci circonda e quindi vivere meglio.Ma anche per queste ragioni forse, l'arte contemporanea viene tenuta fuori dal dibattito pubblico italiano. Renzi che all'Expo non fa riferimento alla Biennale di Venezia tra le manifestazioni più importanti in italia durante l'Expo, la dice lunga.


Quantità di pubblico vs Qualità della proposta

Non è vero che un grande pubblico coincide solo con bassa qualità. In questo caso diventa fondamentale la formazione e la divulgazione, come abbiamo detto prima la mediazione tra progetto e pubblico. In due fasi: prima dell'evento e come capacità di presentare l'evento. E' chiaro che se ci poniamo in un contesto in cui il pubblico non ha gli strumenti per leggere l'arte contemporanea, siamo costretti a coinvolgere e intrattenere con format di intrattenimento o contenuti prelevati da altri ambiti. Se per subire un certo intervento da un dottore dovessimo sempre capirlo, saremo sicuri di ricevere il migliore intervento possibile? Risulta ancora fondamentale la formazione del pubblico.


L'arte deve essere provocazione?

La provocazione è un ingrediente molto appetibile e facile per interessare velocemente un pubblico distratto o assente. Il dito medio di Cattelan a Milano ha sicuramente avvicinato un centimetro di più tante persone all'arte contemporanea. Ma poi?
Forse un valore del museo dovrebbe essere quello di regalare allo spettatore momenti di decompressione dove valorizzare il proprio tempo (vera risorsa scarsa di cui disponiamo). La provocazione ottimizza i tempi, ma spesso rimane fine a se stessa.


Censura e autocensura

In Italia c’è una questione di censura e autocensura? Può succedere che gli artisti e gli operatori non affrontino temi scomodi (religiosi, etici, politici...) per paura di essere bloccati, praticando così essi stessi una forma di censura, spesso inconscia, sul proprio lavoro? Il risultato rischia di essere un appiattimento dei contenuti.

Non essendoci un pubblico dell'arte contemporanea, l'unica strada per toccare certi temi è la provocazione che immancabilmente non viene capita. E anche la politica non la accetta sapendo che NON esiste un pubblico che la capisce e che quindi la può accettare. In realtà siamo bombardati di contenuti e il museo rischia di diventare l'ennesimo strumento per questo bombardamento (basti pensare alla continua produzione di contenuti su internet). A mio parere invece di pensare ai contenuti bisognerebbe pensare alla capacità di fare le differenze tra i contenuti. Questo è il problema della contemporaneità, del postmoderno e della postproduzione. Ormai non solo siamo consumatori di contenuti ma anche produttori, quindi diventa fondamentale fare le differenze per salvarci dalla "sindrome del selfie" e difendere l'arte, nel caso ci sia qualcosa da difendere.


Un nuovo ruolo sociale per l'arte?

Ha senso, nella società contemporanea, pensare a un ruolo sociale attivo e riconoscibile per l’arte? Esiste ancora una possibilità di incidere nella società, raggiungere un vasto pubblico e divenire fattore attivo di cambiamento e innovazione?

Bellissimo tema. Io dico sì. Ne sono sicuro. Ma non penso ad un ruolo del tutto visibile. Penso ad una capacità dell'arte di sviluppare sensibilità e spirito critico per affrontare -soprattutto- qualsiasi altro settore extra-arte. Ma prima di questo sì, serve un riconoscimento istituzionale e sociale dell'arte e del ruolo di artista. E in italia siamo lontani, ma si può fare molto.



PARTE II / / Forum per l’Arte Contemporanea di Prato. Le riflessioni di Luca Rossi.

Premessa:
Come conseguenza delle riflessioni che leggerete ho pensato ad un programma concreto e fattivo per contribuire a risollevare il sistema dell'arte italiano. Presenterò questo programma durante il Forum per l'Arte Contemporanea organizzato dal Museo Luigi Pecci di Prato per fine settembre. Questa riflessione a tutto campo non vuole imporre un punto di vista ma stimolare un confronto. Ma soprattutto dare conto di come queste stesse riflessioni mi portarono ad aprire nell’aprile 2009 il Blog Whitehouse.

Riflessione tema per tema relativo al Forum:

Riconoscere il valore del lavoro culturale

Attenzione. Codice rosso. Non tutto quello che si fregia della parola “cultura” o “culturale” ha un valore alto e importante. Prima di porre questo tema bisogna imparare a fare le differenze e quindi serve una critica militante e una mediazione che possa coinvolgere il pubblico attivamente in questo confronto critico. Quando un lavoro culturale è di qualità? Gli addetti ai lavori devono abbandonare la presunzione che tutti vedano chiaramente quello che vedono loro.


Quale senso per l'arte pubblica?

Molto se “arte pubblica” di qualità. Anche qui bisogna andare a fondo, e capire quale valore e quale senso per quel dato progetto. Io vedo in Italia molti progetti difesi dagli addetti ai lavori ma che non sono di qualità e che se approfondiamo minimamente vanno subito in crisi. La prima nemica dell'arte contemporanea è l'arte contemporanea mediocre e che contribuisce allo stereotipo dell'arte contemporanea come qualcosa di distante e fumoso. Anche qui torna la necessità critica di saper fare le differenze tra le cose, uno dei nodi della contemporaneità.


Cervelli, corpi e progetti in fuga

Capisco la fuga, ma così facendo non cambierà mai nulla. In Italia abbiamo l'opportunità di verificare realmente il possibile ruolo e valore dell'arte contemporanea. All'estero viaggiamo con la rete di sicurezza. Capisco che per uno che vuole fare il professionista l'Italia dell'arte contemporanea non vada bene. Ma io penso che il professionismo non vada bene per l'arte contemporanee in generale. Questo non vuol dire non essere professionali. Dico solo che in questa fase di crisi profonda del sistema italiano sia meglio fare il medico, l'architetto, l'imbianchino o il pubblicitario, per poi occuparsi con successo di arte contemporanea in Italia. Il professionismo in Italia ti costringe subito a compiacere tutti, a diventare debole e a cercare subito lavoro all'estero. Quindi questo all'Italia non serve a nulla.


Le istituzioni saranno spazi di discussione e di pensiero

L’istituzione pubblica può e deve ritrovare la propria centralità come piazza aperta, luogo di aggregazione e confronto, reale soggetto produttore di cultura. Solo così le istituzioni potranno essere spazi di discussione e di pensiero. È possibile alimentare la permeabilità di queste realtà con il tessuto sociale a cui si rivolgono puntando allo stesso tempo allo sviluppo di contenuti che garantiscano una riconoscibilità a livello internazionale?

Sì, ok, ma quale pensiero? Quale discussione? Il confronto pubblico, politico e culturale per esempio, è fatto solo di titoli ad effetto e ricostruzioni parziali e superficiali. Le persone sanno veramente cosa significa “stare in Europa”? Sanno cosa significa “cultura”? L'informazione sulla rete vive di titoli ad effetto. A mio parere il museo può diventare luogo di aggregazione e di confronto, ma servono persone capaci e motivate nel fare questo e nella gestione del museo. E il primo passo sarebbe allargare l'idea di museo, evitando che diventi una sorta di luna park intellettuale e fine a se stesso. In questi anni di lavoro sono emersi molti spunti sull'idea di museo. Ma quando cerchi un confronto o proponi progetti concreti in Italia, tutti pensano che tu sia un vanitoso e che tu abbia “manie di protagonismo”. Come se un medico che cerca lavoro fosse vanitoso (questa cosa è emersa dal confronto con Massimiliano Gioni). Questa cosa accade perché nell'arte contemporanea italiana non conta tanto il progetto ma le pubbliche relazioni che lo sostengono e non esiste la voglia e la capacità di fare le differenze. Questo forum per l'arte contemporanea mi sembra la prima occasione reale di confronto in sei anni di attività. In fondo il sistema dell'arte contemporanea italiano è giovane e solo adesso, dopo lo scoppio della bolla speculativa, sembra indotto ad una riflessione. Ma ho scritto di queste problematiche nel 2009 su Flash Art, Exibart, Whitehouse e Artribune; per non parlare di centinaia e centinaia di commenti su Exibart e Artribune. Ma sono serviti sei anni per una presa di coscienza fattiva. Speriamo.


Gli archivi come strumenti di ricerca e formazione

Su questo tema non saprei cosa dire. Forse solo che siamo in una fase pre-archivio.


Pubblico e privato: una questione di fiducia

Rendere il pubblico più affidabile agli occhi del privato è ancora una questione politica, che può essere favorita se nella società sono sentiti ed evidenti alcuni valori che oggi non sono per niente chiari. Quale ruolo e quale valore per l'arte contemporanea nella società italiana? Tutto da definire.



Nuovi mecenati

Anche qui per favorire il mecenatismo bisogna appassionare, interessare e rendere evidenti le urgenze, le ragioni, le motivazioni e i valori dell'arte. Oltre la necessità di fare pubblicità ad un brand (Pirelli, Prada, Trussardi, Enel, ecc. ecc.). E anche in questo caso la politica si muove se sente un vantaggio in termini di consenso elettorale. Questa cosa può sembrare cinica, ma se ci pensate è anche una cosa buona e giusta: per quanto di nicchia l'arte contemporanea deve trovare un minimo di pubblico, diversamente è come il circolo degli scacchi. Perché il governo lo dovrebbe aiutare?



Per una cultura del fundraising

Ripeto ancora il problema di rendere evidenti le motivazioni. Oggi in Italia non lo sono. Bisogna sporcarsi le mani, nel nostro piccolo con il Blog Whitehouse, abbiamo da poco presentato il progetto MyDuchamp. Che oltre a “sporcarsi le mani” con le ragioni dell'arte, dimostra che si può fare tanto anche con poco, senza aspettare chissà quale finanziamento dall'alto. La nostra idea sarebbe portare il Museo direttamente nelle case delle persone.


Contemporaneo su i media: un'assenza ingiustificata

Altra questione della prima ora del Blog Whitehouse. L'assenza del contemporaneo su i media nazionali ha due ragioni:
-la prima: tale assenza riflette un'assenza e una diseducazione del pubblico. Non solo l'arte moderna e contemporanea è assente dai percorsi di studio, ma gode in italia anche di un status sociale basso. Per direttiva ministeriale la scuola d'arte - almeno fino a qualche tempo fà- veniva consigliata agli studenti meno brillanti.
- la seconda: il contemporaneo trova anche la diseducazione dei giornalisti e una sua rimozione come disciplina scivolosa e che può portare a riflessioni pubbliche scomode. "Meglio non parlarne troppo e poi non sappiamo neanche parlarne".
E' assurdo come spesso ci sia la pretesa che l'arte contemporanea debba essere immediata e democratica, cosa che non avviene per nessuna disciplina al mondo. E dire che l'arte contemporanea, prendendo in esame la vista e il sentire, è una disciplina che presiede potenzialmente a tutto. Per me di questo non ne sono convinti nemmeno i professori dell'accademia e molti addetti ai lavori, figuriamoci un pubblico spesso abbandonato e privo di strumenti e opportunità per costruirsi questi strumenti.


Rivitalizzare il dibattito critico

Cavallo di battaglia del Blog Whitehosue fin dalla prima ora. Il problema non è mai stato una critica alle raccomandazioni e al compiacimento acritico generale, di un sistema italiano precario e dove quindi tutti devono rimanere in buoni rapporti con tutti (come se la critica sia un'offesa e non un atto d'amore per crescere insieme). Il problema è stato che questa raccomandazioni e questo sistema acritico non servono e non sono serviti a niente. Non stanno aiutando nessuno. Ma ancora oggi se provo ad argomentare criticamente vengo ostracizzato, fino anche ad essere censurato da riviste -apparentemente open mind. Spesso sono proprio i più giovani nell’ostracizzare, con la preoccupazione di dover mantenere buoni rapporti con tutti. Costoro precari, iperscolarizzati e cresciuti tra Berlusconi e Porta a Porta, sono i più attenti nel difendere i propri interessi. Naturalmente non è chiaro per loro quali siano i loro “reali interessi”, in quanto un sistema aperto e inclusivo farebbe il bene di tutti.


Esterofilia: un problema italiano

Altro cavallo di battaglia del Blog Whitehouse dal 2009. Vista la debolezza degli artisti italiani e la predominanza del curatore, la tendenza -spesso anche inconscia- è per l'artista quella di proporre “quello che bisogna proporre” e “quello che il sistema richiede” per essere selezionati in un certo ambito del gusto. E solitamente questa proposta risulta essere una copia sbiadita del mainstream internazionale. Possiamo immaginare come questo questo meccanismo possa disincentivare la ricerca e abbassare la qualità proposta. Chi esce da un certo “standard esterofilo” viene emarginato. Col tempo, non solo abbiamo una fuga di cervelli verso l'estero ma anche verso discipline più stimolanti e meritocratiche rispetto l'arte contemporanea in italia. Con questa esterofilia provinciale, anche le nostre gallerie, come anche i nostri musei, si trovano sempre ad inseguire la scena internazionale. Questo rende davvero poco interessanti gli artisti italiani. L'arte è anche coraggio. Non è possibile che gallerie cool e blasonate prendano un artista solo se sanno, per esempio, che ha ricevuto il battesimo di Gioni o Cattelan. Questa tendenza crea un circolo vizioso al ribasso, in cui la cosa migliore che possa succedere è diventare compie sbiadite degli originali. A questo si aggiunge una crisi del “ruolo di artista”.




La lingua italiana

Tema ottimo. Per paura ed esterofilia non riusciamo a difendere la nostra lingua. La lingua italiana è una sorta di tabù, perché siamo schiacciati da complessi di inferiorità verso l'inglese. Ossia un lingua banalissima che praticamente chiunque può imparare con un po' di impegno. Su questo tema si può lavorare molto. Ma servono artisti e operatori coraggiosi. Non si tratta solo di rivendicare una lingua, ma soprattutto recuperare energie locali e lateriali che vengono schiacciate dal dictat esterofilo, che agisce nel linguaggio ma anche nei contenuti.


Gli indipendenti

Guardando le programmazioni degli indipendenti e il loro atteggiamento, non cambia una virgola rispetto alle programmazioni di quelli che sono i "dipendenti". Io credo che gli indipendenti e i no-profit italiani non aspettino altro -legittimamente- di diventare dipendenti e avere un futuro maggiormente sicuro. In Italia non esiste alcun cambiamento di approccio e di linguaggio tra coloro che sono istituzionalizzati nel sistema e coloro che si definiscono “indipendenti”.


Le fondazioni private sono le nuove istituzioni

Certamente. Le fondazioni hanno trovato le motivazioni che il pubblico e la politica non trovano nell'arte contemporanea, ossia motivazioni finanziarie e di immagine esterna/pubblicità. Anche per loro suggerisco però maggiore apertura e coraggio nel rivedere le solite impostazioni che copiano dalla scena internazionale.  


Grants: incentivare una buona pratica

È necessario rivedere i meccanismi di valutazione e incarico del curatore del Padiglione Italia in seno al Ministero e parificarli a ciò che accade in molti altri padiglioni nazionali nella Biennale di Venezia.

Anche su questo problema ho fortemente dibattuto dentro e fuori il Blog Whiehouse. Fino a quando non ci sarà un pubblico la politica italiana farà quello che vuole con il Padiglione Italia. A maggior ragione in un sistema dove non esiste un confronto critico continuativo e dove quindi il ministro di turno non sa per quale gruppo parteggiare. Che differenza c'è tra Sgarbi, Trione e Pietromarchi? Non c'è la capacità per fare le differenze critiche, quindi ogni scelta va bene. Quando i "migliori" operatori del sistema italiano si lamentano della nomina ministeriale, io dico che è responsabilità loro: ossia durante gli anni precedenti non sono riusciti a creare un pubblico e a rendere evidenti le differenze critiche. Scusate, gli addetti ai lavori cosa devono fare tutto l'anno se non questo? Porre al centro l'arte rispetto al pubblico e rispetto la capacità critica di fare le differenze tra le opere e i progetti? Questo in Italia non avviene, il Ministro sa di non dover rendere conta ad un “pubblico vero”, e quindi fa scete dettate dalle convenienze del momento.



I premi: un oblio da eccesso

Altro tema caldo di questo del Blog Whitehose e ribattezzati "armi di illusione di massa". Sono utili se siamo tutti d'accordo che sono motivi di minima visibilità e sono fini a se stessi. Ultimamente ti regalano residenze all'estero. Più che su i premi mi concentrerei sulla formazione degli artisti. Poi, solo dopo, penserei a come premiarli.


Arte italiana all'estero. Strategie di promozione

Come per i premi, prima di promuovere cercherei di “formare”. Promuovere cose deboli o omologate alla scena internazionale è controproducente. Sicuramente si potrebbe fare moltissimo su questo versante.


Padiglione italia: come salvarlo dal ridicolo

Tema forse ripetuto. Oltre l'opinione di pochi addetti ai lavori, prima di salvare qualcuno dal ridicolo bisogna avere chiaro in testa cosa sia il "ridicolo" e renderlo evidente a molte persone, così che il Ministro debba necessariamente decidere per il meglio. Diversamente tutto può andare, oltre l'opinione di pochi addetti ai lavori. Io credo che negli ultimi otto anni sarebbe stato necessario avere Padiglioni Italia con uno o, massimo, due artisti. Ma allo stesso tempo credo che sarebbe stato difficile scegliere artisti italiani interessanti rispetto la scena internazionale. E credo che questa crisi linguistica sia generalizzata anche in altri paesi.


Concorsi: chi li ha visti?

Questo compete ancora ad un'azione politica che ci potrà essere solo quando ci sarà un “pubblico vero” per il contemporaneo. Diversamente stiamo parlando del circolo degli scacchi. E fare i concorsi per il circolo degli scacchi non è il massimo.


Famigerata ed invisibile: la legge del 2%

Ancora un problema politico, scacchisti di tutto il mondo unitevi!


Programmare per tempo

Certo, creando un sistema che collabora e che sia aperto al confronto e alla valutazione di ogni proposta. Spero che da questo Forum possa nascere un progetto concreto per iniziare a risolvere tutte queste problematiche. Che queste non rimangino solo parole.

Ci vediamo a Prato! non scriverò lets see ;)